I vantaggi di un modello integrato di approccio alla Cura
Perché Medico e Psicologo nello stesso studio? Alcune risposte le avevo già date in un precedente articolo: “Spending Review Sanitaria E Qualità Dei Servizi: Lo Psicologo Delle Cure Primarie”. Sostanzialmente si tratta di un “tandem” in grado di generare, come dimostrano le ricerche, due tipi di ricadute:
- Impatto Sociale
- Impatto Economico
L’impatto sociale si manifesta in termini di benessere complessivo dell’assistito inteso nella sua “unità bio-psico-sociale”: la richiesta di cura viene presa in carico attraverso un approccio più completo, adeguato, olistico. In questo modo si interviene anche sul quadro emotivo e relazionale che può predisporre e sostenere la malattia. Molti pazienti infatti faticano ad accettare la connessione fra sintomo fisico, disagio psicologico e conflitti interiori.
La spiegazione di questa relazione, attraverso l’integrazione fra medicina e Psicologia delle Cure Primarie (PCP), può essere mediata dal Medico di Medicina Generale (MMG), che nella stramaggioranza delle situazioni rappresenta il primo punto di contatto che il cittadino ha con il Sistema Sanitario.
In questo modo si possono aggirare o mitigare, proprio grazie alla fiducia e all’autorevolezza e riconosciuta dal paziente al “medico di famiglia”, le comuni resistenze all’intraprendere una cura psicologica, evitando nel contempo costosi ed a volte inutili esami specialistici.
E qui arriviamo al secondo genere di ricaduta virtuosa: l’impatto economico. Oggi i disturbi mentali rappresentano il 13% delle patologie sanitarie nel mondo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la depressione diventerà, nel 2020, la seconda causa di disabilità mondiale dopo le patologie cardiache. Come appare evidente, si tratta di una situazione che, se non adeguatamente trattata, comporterà sempre più elevate conseguenze sul piano dei costi sociali. L’integrazione della PCP nella ordinaria presa in carico sanitaria può far risparmiare, in termini di riduzione di prescrizioni di farmaci e di indagini diagnostiche, molto più dei costi per la sua implementazione. Altri aspetti che contribuiscono al valore aggiunto della Psicologia delle Cure primarie sono le minori assenze per malattia dal posto di lavoro, ed il minor peso economico complessivo che il disturbo mentale arreca al sistema di welfare.
Lo hanno ampiamente dimostrato esperienze come quelle del programma inglese IAPT (Improving Access to Psychological Therapies), col suo stanziamento di 372 milioni di euro per il triennio 2008-2011 e di 500 milioni di euro nei successivi 4 anni (2011-2015); la figura dello “psicologo di base” (primary care psychologist) introdotta Olanda, e presente allʼinterno del SSN ormai da 30 anni; in Italia la decennale sperimentazione condotta dal Prof. Luigi Solano dell’Università “Sapienza” di Roma, che ha studiato gli effetti, in termini di salute e risparmio, della sinergia di psicologo e MMG nello stesso ambulatorio.
C’è un altro tema emergente che rende ancora più auspicabile l’integrazione della Psicologia delle Cure Primarie nel Servizio Sanitario Nazionale: la piaga della “medicina difensiva”. Si tratta di una pratica per la quale il medico tende a proteggersi dall’eventualità di azioni legali conseguenti alle cure mediche prestate, attraverso ricorso a servizi aggiuntivi non necessari (analisi, visite specialistiche o trattamenti). Un problema non da poco: la medicina difensiva pesa sui conti dello Stato per 10 miliardi di euro, pari allo 0,75% del prodotto interno lordo. Recentemente il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, presentando la commissione consultiva sulle questioni della medicina difensiva, ha comunicato i dati del fenomeno: il 77,9% dei medici ha tenuto almeno un comportamento di medicina difensiva nell’ultimo mese di lavoro, il 68,9% ha proposto-disposto il ricovero di pazienti che riteneva gestibili ambulatorialmente e il 61,3% ha prescritto un numero di esami maggiori rispetto a quello ritenuto necessario per effettuare la diagnosi.
Quanto avrebbe da dire la PCP sulla questione? Elenco qui solo alcune delle forme attraverso le quali lo psicologo, in affiancamento al medico, potrebbe generare valore, contribuendo alla riduzione del fenomeno:
- gestione degli aspetti psicologici della sintomatologia portata in ambulatorio;
- gestione della relazione paziente/curante (accoglienza, comunicazione diagnosi, contenimento sofferenza della psicologica);
- agevolazione dell’adesione alla cura;
- gestione della “contrattazione” con pazienti difficili che insistono per prescrizioni di farmaci e visite specialistiche superflue.
In sintesi, la Psicologia delle Cure Primarie può favorire quella relazione medico-paziente spesso percepita come fredda e distante, nella quale il protagonista non è più “l’ammalato”, ma la sua malattia. Una malattia che deve essere sconfitta ad ogni costo, anche a costo di non “prendersi cura” della persona.
Nel mese di aprile si è tenuto a Torino un importante convegno sul tema, organizzato dall’Ordine degli Psicologi del Piemonte: “Per una psicologia di cure primarie. Buone pratiche, efficacia clinica ed efficienza di sistema”. Un ulteriore tassello in un dibattito non solo scientifico, ma anche economico e politico, che ci si augura porti al più presto ad una proposta di legge, sostenibile ed appropriata, per l’introduzione di tale figura anche in Italia.
Per informazioni ed appuntamenti:
Dott. Luca Cometto Psicologo – Psicoterapeuta
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