I tagli alle spese possono essere un’opportunità per aumentare la qualità della salute pubblica, far risparmiare la collettività, e mettere in campo una risorsa professionale sotto utilizzata come quella dello psicologo?
Facciamo un passo indietro: l’Italia è nel 2011 al secondo posto in Europa per consumo di farmaci procapite, con 30 confezioni a cittadino, dopo la Francia, che ne totalizza 45, ma prima di Gran Bretagna (26) e Germania (18); in media, gli italiani spendono in medicine 434 euro procapite all’anno; l’utilizzo degli psicofarmaci è in aumento. Questi sono alcuni dati che emergono dal Rapporto Osmed sull’uso dei farmaci in Italia 2011 a cura dell’Agenzia Italiana del Farmaco. Oggi la spesa sanitaria statale complessiva corrisponde al 7% del Pil, e nel 2009 è stata di 1816 euro per ogni cittadino (fonte: ISTAT e Ministero della Salute).
Dopo questi dati una riflessione: non sempre la malattia si sconfigge con le medicine o la chirurgia. Nella maggior parte delle situazioni dietro una domanda di salute ce n’è un’altra, non formulata, di benessere complessivo. È la voglia di superare il disagio. È il desiderio di rialzarsi, di risolvere i nodi che bloccano la psiche e, dunque, anche il corpo. Il superamento del concetto di “sanità” come assenza di malattia, e l’approdo a quello di “salute”, cioè benessere della persona intesa come “unità bio-psico-sociale”, è avvenuto sul piano culturale, ma incontra più difficoltà ad affermarsi su quello individuale.
Eppure un adulto su due che si rivolge al medico di base presenta un disagio non verbalizzato, portando domande di salute diverse da quelle tradizionali, ma viene trattato come si fa in presenza delle classiche patologie e quindi con farmaci e prescrizioni di analisi cliniche costose (per il cittadino e per lo Stato). Tali risposte risultano inappropriate nella metà dei casi perché molti malesseri, prima di divenire patologici, possono essere curati in modo diverso. La psicologia non può “curare” la malattia organica, ma può intervenire sulle situazioni emotive e relazionali che predispongono e sostengono la malattia stessa, evitando peggioramenti e cronicizzazioni del sintomo. Tuttavia solo il 5% degli italiani ha avuto nella sua vita contatto con uno psicologo, e l’Italia spende il 50% del resto d’Europa per prevenire il disagio psicologico, nonostante vi siano circa 78mila psicologi iscritti all’Ordine, che sempre meno spazio hanno nelle strutture pubbliche.
Affiancare lo psicologo al medico di famiglia per una visita congiunta del cittadino/paziente può, oltre a costituire un approccio alla presa in carico più completo ed adeguato (“olistico”), far risparmiare denaro alle casse dello Stato, e di conseguenza a tutti noi. Il professor Luigi Solano, docente di psicosomatica alla Sapienza di Roma, segue da più di dieci anni l’inedito affiancamento professionale in alcuni ambulatori del Lazio, grazie al supporto di psicologi specializzandi in psicoterapia dell’ateneo romano. Lo studio sperimentale ha mostrato come la presenza di uno psicologo dal medico di base due volte a settimana permette un risparmio di circa 75mila euro per ciascun medico tra minore prescrizione di farmaci e di indagini diagnostiche. Tale risparmio, statistiche alla mano, supera di gran lunga il costo dello stipendio di uno psicologo: mettere insieme nello stesso ambulatorio le due figure professionali si rivela così una scelta non solo possibile ma anche auspicabile e virtuosa. Il beneficio è collettivo: il carico di lavoro del medico si alleggerisce, l’assistenza migliora, si fa prevenzione e si riduce la spesa sanitaria.
La decennale sperimentazione del dott. Solano ha dimostrato che lo psicologo può, anche nel contesto dello studio medico, restituire benessere all’individuo, evitando farmaci, esami e addirittura ricoveri. Attraverso gli strumenti che gli sono propri lo Psicologo delle Cure Primarie (o “psicologo di famiglia”) aiuta le persone a capire che spesso la malattia è strettamente collegata alla particolare situazione che si sta vivendo, ricordando loro l’inscindibilità della salute dallo stile di vita, dalle relazioni che coltiviamo, dalle esperienze quotidiane, dal nostro mondo interiore.
La sperimentazione è partita anche nel padovano, e ci si augura che l’esempio possa essere seguito da sempre più regioni d’Italia fino ad arrivare all’istituzionalizzazione dell’iniziativa. Le varie riforme dei Ministri della Salute succedutisi nel tempo, con il loro richiamo all’assistenza multidisciplinare, non sono stati sin qui sufficienti per concretizzare l’introduzione dello Psicologo delle Cure Primarie, e bisognerà ancora lavorare alacremente per giungere ad un tale successo. Ma sopratutto in tempi di spending review, il riordino dell’assistenza territoriale in termini di razionalizzazione, efficacia ed efficienza, non può prescindere dal contributo degli psicologi.
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Dott. Luca Cometto Psicologo – Psicoterapeuta
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