Mentre si discute ormai da tempo della crisi economica globale, meno attenzione è stata rivolta ai suoi effetti negativi sul benessere psicologico delle persone, che includono alterazioni dell’umore, della stabilità emotiva, della sfera relazionale e affettiva, fino ad arrivare a depressione o a conclamati disturbi d’ansia, comportando un complessivo peggioramento della qualità della vita.
Tali situazioni di disagio psicologico vissute dagli individui a rischio di lavoro possono essere meglio comprese se si tiene conto del fatto che precariato, disoccupazione ed instabilità lavorativa in genere comportano tutta una serie di conseguenze profonde: rischiano infatti di mettere in discussione le proprie certezze esistenziali, creano problemi di autostima e gettano l’individuo in una costante instabilità emotiva, poiché quest’ultimo si trova a doversi adattare ad una società in continuo cambiamento, di fronte ad eventi sui quali la sua capacità di controllo è limitata quando non assente. La mancanza di prospettive economiche e occupazionali predispone allo sviluppo di varie forme di disagio emotivo, oppure all’aggravamento di forme di disagio già in atto.
Già Sigmund Freud e Alfred Adler, due tra i fondatori della psicologia del profondo (psicologia psicodinamica) sottolinearono il fondamentale ruolo del lavoro nel determinare l’equilibrio psichico dell’individuo. A Freud è infatti attribuita l’affermazione “La salute psichica è la capacità di lavorare e di amare”. Adler da parte sua inserisce l’attività lavorativa, accanto alle relazioni affettive e familiari ed alla socialità, nel quadro dei compiti vitali dell’individuo, punto di arrivo e barometro del benessere psicologico. Egli evidenza infatti come avere un lavoro non sia solamente una possibilità di sostentamento, mentre significa soprattutto poter delimitare e determinare la nostra posizione nel mondo, costruire una nostra identità, e nel contempo contribuire al buon funzionamento della società in un’ottica di cooperazione.
La perdita del lavoro va intesa come un evento complesso e multidimensionale, che coinvolge diversi aspetti: la perdita del ruolo di lavoratore e delle entrate economiche; il cambiamento delle attività quotidiane; le interazioni sociali; la percezione di sé e l’immagine pubblica di sé. Venir meno di una occupazione significa infatti non aver più un ruolo sociale, la capacità di sostenere se stessi e la propria famiglia.
L’individuo tende a costruire una rappresentazione di sé basata sui ruoli che sente propri e, in base a questi, sviluppa la sicurezza che gli consente la corretta integrazione sociale. Le incertezze connesse a crisi economica e difficoltà lavorative producono conseguenze a livello cognitivo, emozionale e motivazionale, e in assenza di adeguato sostegno possono predisporre, slatentizzare od aggravare disturbi ansioso-depressivi, psicosomatici, relazionali e della sfera sessuale, varie forme di dipendenza patologica (alcool e fumo, sostanze stupefacenti, gioco d’azzardo patologico, internet ecc…). La forzata inattività per chi ha perduto la sua occupazione e si trova alle prese con una difficoltosa ricollocazione nel mercato del lavoro, così come la mancanza di prospettiva occupazionale concreta per un giovane, sono situazioni che possono comportare reazioni quali rabbia, frustrazione, umore instabile, ritiro sociale, percezione di mancanza di controllo su di sé, sulla propria vita e sul proprio futuro, nonché un abbassamento del livello di autostima. Tali condizioni psicologiche, se non adeguatamente riconosciute, prese in considerazione e trattate, possono divenire prodromi di veri e propri disturbi come ansia, attacchi di panico, depressione. Non è il caso poi di ricordare i gesti estremi di lavoratori, artigiani ed imprenditori ai quali ci stanno purtroppo abituando le cronache recenti del nostro Paese.
Soprattutto in questa fase storica gravata dalla crisi economica globale, la professionalità e le competenze specifiche dello Psicologo possono e devono essere di aiuto ai lavoratori in difficoltà, che sempre più frequentemente si rivolgono agli sportelli delle agenzie datoriali o sindacali per questioni che vanno al di là della consulenza fiscale o della tutela associativa. La consulenza dello Psicologo può in questa congiuntura aiutare ad avere uno sguardo differente e meno drammatizzante sull’attuale crisi, risvegliare risorse personali sopite, ritrovare lucidità e serenità.
Lo psicologo si inserisce dunque in questo quadro come principale figura di riferimento per chi senta compromessa la propria salute psicologica o per chi viva un momento di difficoltà, che sente di non riuscire ad affrontare da solo. Gli si possono rivolgere tutti coloro che desiderano monitorare e migliorare il proprio benessere psicologico, contribuisce all’ottimizzazione della qualità della vita, offre sostegno nelle normali crisi di crescita o nell’adattamento agli eventi più significativi del vivere: ingresso scolastico, relazioni affettive, matrimonio, separazione, gravidanza e post partum, lutto, cambiamenti improvvisi e traumatici e, appunto, difficoltà connesse alla sfera lavorativa. Il prevenire, alleviare, o in ogni caso prendere in carico tutte le forme di disagio connesse alla crisi economica e lavorativa, che possono minare a lungo termine il benessere psicologico dei cittadini, dovrà diventare un dovere di istituzioni, aziende e professionisti della salute, ed è auspicabile un incremento degli sforzi in tal senso.
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